Mi piace e non mi piace

Paola che cammina nell'orto

Una consapevole serenità

Non sono convenzionale. Non seguo la moda. E soprattutto se una cosa mi piace la voglio, giusta o sbagliata che sia.

Sarò sempre io a pagare il conto di quello che dico e di quello che faccio. Tanto vale che mi piaccia. Invece, se non mi piace, faccio il possibile per evitarla.

Così vivo serena. E una mamma serena, predispone figli sereni.

Cosa mi piace

Mi piace passare il pomeriggio a piedi scalzi, a giocare con le mie bambine su un pavimento che non ho lavato ma che, se avessi lavato, mi avrebbe tolto il tempo da passare con le mie figlie.

Mi piace passare tre ore a friggere le melanzane come me lo ha insegnato mia nonna, riempirmi di olio e poi mangiarle in cinque minuti perché è uno dei miei piatti preferiti.

Mi piace lasciare agire l’anticalcare nella doccia per ore, perché mio figlio mi chiede all’improvviso di accompagnarlo a comperare gli occhiali da sole, e dimenticarmi così della doccia da pulire.

Mi piace sentirmi più bella perché sono stata dal parrucchiere.

Mi piace essere tornata al mare, in quel piccolo borgo. Uscire all’alba e camminare e lasciarmi conquistare dall’immenso.

Mi piace definirmi una persona empatica, di quelle che vivono per sensazioni. Quelle che poi ti aiutano a catturare un sorriso finto. Così faccio il possibile per evitarlo. Nessuno può attentare alla mia serenità.

Mi piace essere seduta su un treno che mi porta a trascorrere del tempo con me, lasciando tutti a casa.

Mi piace far riposare il mio corpo, dar pace alla mia mente e ascoltare il mio cuore.

Mi piace “non farmi intossicare” dalla bruttezza che aleggia in troppi angoli di questo mondo.

Mi piace non farmi dominare dalla paura.

Mi piacciono il prosecco (grazie mamma!) e anche il vino rosso.

Mi piace dire quello che penso, anche se non è opinione condivisa, perché se non lo facessi mi priverei della mia libertà.

Cosa non mi piace

Al contrario, se una cosa non mi piace non la nascondo, anche se non sempre la dichiaro ad alta voce. E lascio parlare i miei occhi. Gli occhi non mentono mai.

Ma oggi saranno le mie parole a raccontare quello che finora ho detto (quasi sempre) solo con gli occhi. Quello che non mi piace.

Parecchio tempo fa le persone si affacciavano ai balconi e cantavano. Appendevano i loro arcobaleni e scrivevano #andràtuttobene.
Lo abbiamo fatto anche noi. Un arcobaleno gigante, bellissimo. Ora un po’ sbiadito ma rimane bellissimo.

Dicevamo: “Saremo persone migliori. Questo tempo ci sta insegnando i veri valori. Abbiamo scoperto l’importanza di un abbraccio”.

Io intanto pensavo: “La nostra specie non diventerà migliore. Si eleverà per quello che è. Il buono rimarrà buono e sarà così anche per il cattivo“.

“La sventura è una sorta di talismano che ha la virtù di rafforzare la nostra indole originaria: essa rende maggiore la diffidenza e la cattiveria in certuni e in altri, fondamentalmente di animo nobile, potenzia la bontà.” H. De Balzac

Oggi le persone dicono: “Speriamo finisca presto. Al momento sembra migliorata la situazione ma chissà…
E così, senza accorgercene, abbiamo passato tanto tempo ad aspettare. E non abbiamo smesso di farlo.

 

Aspettiamo che questo virus sparisca, anziché imparare a conviverci.

Attendiamo che ricomincino le scuole chiedendoci: “come sarà l’anno che sta per iniziare?”, anziché utilizzare ciò che abbiamo imparato per continuare in una nuova normalità.

Settembre rappresenta sempre il mese della ripresa delle attività e il rientro alle responsabilità e alla vita quotidiana.

Soprattutto, siamo tutti impazienti di recuperare una libertà che ci è stata brutalmente sottratta.

 

Con chiunque abbia parlato in questi mesi, la frase sentita più comune è stata: “Speriamo si possa fare“. Ecco di cosa, forse, non ci rendevamo conto.

Non siamo più liberi di fare progetti, di pensare al futuro, di vivere.

Cosa siamo disposti a tollerare?

Siamo tutti in attesa di un decreto che ha quasi preso il posto del nostro quotidiano preferito e che, a ogni uscita, ci vieta delle cose e ce ne permette altre.

E ci schieriamo, chi da una parte e chi dall’altra. Come siamo soliti fare. Difficilmente sentiremo versioni diverse da quelle raccontate dalla massa.

È molto più facile portare avanti il pensiero di qualcun altro, perché non impone responsabilità.

 Stiamo a guardare i nostri ragazzi, vestiti tutti uguali (che se li vedi di spalle potresti non riconoscerli), ma se poi ne vediamo uno vestito in maniera diversa lo additiamo e gli chiediamo: “Ma come ti sei svegliato questa mattina?”

Siamo talmente inclusi in un sistema che tutto il resto ci sembra sbagliato. E tutto ciò che racchiude il “non è quello che fanno tutti”, siamo abituati a vederlo in modo differente.

Mentre ero in vacanza e passeggiavo di buon mattino tra le bancarelle di un mercato, mi è accaduto di incontrare e parlare con una vigilessa. Era lì per ricordare a tanti l’utilizzo della mascherina e ho sentito una persona risponderle: “Vado via subito”, proprio come quando metti la macchina in divieto di sosta.

Un giorno, mi è capitato che una persona volesse prendere l’ascensore mentre c’eravamo io e Martina. Probabilmente non aveva letto quell’avviso che invitava gli ospiti di quell’albergo ad aspettare che l’ascensore fosse vuoto per salirci, così ci ha mandato a quel paese. Noi invece eravamo in vacanza e non potevamo andare dove voleva lui pertanto siamo rimaste nell’ascensore che ci stava portando alla Spa.

Quando entri o esci dalla metropolitana ci sono delle frecce che indicano le direzioni di entrata e di uscita, ma che pochi vedono perché sono per terra. È così forse, che le persone si sentono libere. Perché non seguono le frecce, perché non le vedono o, più semplicemente, perché fanno finta di non vederle.

Come siamo diventati?

Gli esempi ed episodi che vi ho appena raccontato, sono solo dei dettagli. La cosa che mi ha sconcertato è stata la disarmonia che ho scoperto e riscoperto in alcuni volti, soprattutto negli occhi di alcune persone.

Le persone sono (più) arrabbiate.
Le persone sono (più) arroganti.
Le persone sono (più) egoiste.

E tremendamente più tristi.

Forse questo brutto ultimo anno ci ha dato un motivo in più per esserlo. Per molti di noi questo periodo sarà ricordato come uno dei più difficili. Per tutti quelli che non hanno saputo apprezzare le cose belle della vita. Per tutti quelli che hanno bisogno di un pretesto per essere arrabbiati anche in vacanza. Per tutti quelli che, nei loro fallimenti,vedono le colpe degli altri. Per tutti gli immaturi.

Conclusione

Non sono molto centrata sul “fai come ti dico”. Non lo faccio neanche con i miei figli, ma posso darvi sicuramente un suggerimento: allontanate quelle persone negative che minano il vostro benessere, che vi ostacolano nel realizzare i vostri sogni e che vorrebbero rendere pesanti le vostre giornate.

Vi assicuro che funziona. Personalmente è un metodo che mi piace. Ma, soprattutto, mi rende libera.

Vi ringrazio di essere tornati da me, vi abbraccio e vi do appuntamento alla prossima settimana.

Paola ♥

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P.P.S.S. Grazie a tutti coloro che hanno scelto di accompagnarmi nella Challenge iniziata questa mattina. A tutti noi: “Buon viaggio!!!